Cure di masturbazione per rimanere sano, ovvero IL RE DEL PLAGIO

Di Jan Fabre
Regia, interpretazione Roberto Trifirò
Scene, costumi, luci Gianni Carluccio
Traduzione e drammaturgia Roberto Trifirò
Assistente alla regia Tommaso Di Pietro
Tecnico Iacopo Bertrand Bonalumi Lottieri
Produzione Teatro Out Off

Debutta in prima nazionale, mercoledì 19 febbraio al Teatro Out Off, Cure di masturbazione per rimanere sano, ovvero IL RE DEL PLAGIO di Jan Fabre, monologo con la regia, l’adattamento drammaturgico e l’interpretazione di Roberto Trifirò. Prosegue così la quarantennale relazione tra l’opera e la poetica del regista fiammingo e il Teatro Out Off diretto da Mino Bertoldo; iniziato nel 1985 e mai interrotto, questo legame si è ulteriormente rinforzato nel 2023, con l’ospitalità in prima nazionale al Teatro Out Off di Peak Mytikas. (On the top of Mount Olympus) e, nel 2024, con il Festival Fabre, oltre che con numerose produzioni del Teatro Out Off su testi di Fabre. E proprio uno dei suoi monologhi “manifesto” sull’arte e sulla sua idea di posizione dell’artista nel mondo porta in scena Roberto Trifirò dal 19 febbraio al 9 marzo: con il testo Il re del plagio Fabre propone una riflessione profonda sul tema dell’autenticità, reiterando il credo artistico della sua opera. Il re del plagio è l’artista-ciarlatano, che difende l’imitazione come strumento di bellezza e di fragilità per creare arte e, allo stesso tempo, per plasmare la propria identità artistica. Un testo di metateatro, in cui Fabre smaschera continuamente l’artificio scenico e rigetta radicalmente il concetto di originalità come assioma artistico.

Come l’imperatore, l’attore-re si rivolge frontalmente al pubblico, con lo scopo di sedurlo: in modo ingenuo e spontaneo gli chiede di rispettarlo, stimarlo e accettarlo; si mette alla prova, ricerca, ripete. Il re del plagio è un angelo che vuole diventare uomo, che vuole rinunciare alla sua immortalità ed essere ascoltato da un tribunale composto da “scimmie chiacchierine” – perché è così che vede gli umani- per giustificarsi, difendersi ed essere ammesso nell’olimpo dell’umanità. Per riuscirci, ha dovuto prima di tutto imparare a “parlare con le parole degli altri”, a plagiare appunto.

Il testo, riadattato e interpretato da Roberto Trifirò, ha più livelli di lettura: la caduta dell’angelo, la genesi dell’uomo, la riflessione sull’imitazione in generale e, più concretamente, sull’imitazione nell’arte, e infine, l’elogio dell’intertestualità. Il tema della copia e della falsificazione si incontrano spesso nell’opera di Fabre: ne Il re del plagio, che forma un dittico con L’imperatore della perdita del 1994, la genesi dell’uomo è chiaramente associata alla sua capacità d’imitazione. Il testo riflette anche sul dualismo tra l’arte in quanto creazione ex nihilo (romanticismo e modernismo) e l’arte in quanto cultura mimetica (rinascimento e post-modernismo).

«L’uomo non si crea mai a partire dal niente, ma attraverso l’esempio di altri esseri umani. L’uomo è per definizione “cultura”, e non “natura originale”. Il desiderio dell’angelo di diventare umano deriva dal fatto che gli uomini possono prendere dei rischi, subire dei fallimenti, perdere la partita, ma anche desiderare e gioire, al contrario dell’angelo che è al di sopra di tutto. L’angelo vuole diventare umano per poter comprendere gli uomini: un’aspirazione il cui tema è stato interpretato in modo mirabile nel film Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders. L’angelo che vuole diventare uomo, nell’opera di Fabre, è l’angelo che abiura il pensiero dell’originalità e che difende il caos socioculturale della letteratura e dell’arte come genio dell’imperfetto, l’arte umana per eccellenza. Si pensi alla celebre asserzione del filosofo e scrittore Paul Valéry: “Ce qui est fini, n’a pas été fait.” (Cahiers, 1894-1914).

Il re del plagio combatte contro l’ossessione dell’originalità, della purezza e del fondamentalismo creativo. L’intertestualità e il plagio sono qualità umaniste: lo scambio di conoscenze, di testi, di frasi, di parole, dal primo disegno rupestre fino alla copia, sono l’impronta attuale. Il desiderio profondo dell’angelo di diventare uomo non implica in alcun caso un’immagine idealizzata dell’uomo. Si tratta, al contrario, dell’amore che suscita l’uomo nel suo difficile esercizio d’equilibrio tra l’angelo e il diavolo che sono in lui. “È tempo di diventare umani e di comprendere che siamo dei mostri.” Dei mostri nel senso di Frankenstein: l’uomo che si crea, che si clona. Il re del plagio prende anche in prestito, nel suo processo di umanizzazione, delle parti dal pensiero di Albert Einstein, Gertrude Stein, Ludwig Wittgenstein e dalle quattro “Stein” alle quali John Brockman ha dedicato un libro negli anni ‘80.» Roberto Trifirò.

Orari spettacoli:
giovedì ore 20.30
mercoledì, venerdì e sabato ore 19.30
domenica ore 16.00

Biglietti Intero: 20€ | Under26: 14€ | Over65: 10€
Biglietti online su vivaticket
Prenotazioni: T. 0234532140 | M. biglietteriaoutoff@gmail.com | WhatsApp  393 885 4859

Spettacolo inserito nell’abbonamento Invito a Teatro.

EL MARCHIONN E LA NINETTA: CARLO PORTA NEL MONDO DEGLI ULTIMI

Fino a domenica 9 febbraio è in scena El Marchionn e La Ninetta: Carlo Porta nel mondo degli ultimi, con la regia di Lorenzo Loris. Lo spettacolo porta in scena la bella traduzione in poesia italiana di Patrizia Valduga di due dei maggiori componimenti di Carlo Porta, nel 250° anniversario dalla nascita: Él lamént del Marchiòn d’ì gàmb avèrt (Lamento di Melchiorre dalle gambe sbilenche) del 1816 e La Ninetta del Verzee (La Ninetta del mercato) del 1814, entrambi considerati i capolavori massimi di poesia in dialetto milanese e tra le opere più significative dell’illustre autore meneghino. La versione in rima italiana della poetessa e traduttrice Patrizia Valduga, che traduce con arte e unicità la poesia del Porta, si integra nello spettacolo con alcuni versi originali in dialetto milanese: scelta di Lorenzo Loris che crea nell’opera un’osmosi di due mondi linguistici e culturali che si intrecciano l’uno con l’altro. Lo spettacolo, che vede in scena Elena Callegari e Mario Sala con Tommaso Di Pietro, restituisce con espressività personaggi popolari e di umile condizione insieme a un affresco vivido della Milano del primo Ottocento, in fervente trasformazione. 

“Si tratta di due storie di esplosioni e lacerazioni di sentimenti, ma non solo. In esse è manifesto il dolore di una classe popolare, “povera”, a cui Carlo Porta dà voce e dignità letteraria. E in quelle figure popolari si possono riconoscere tanti poveri di oggi, dilaniati dall’abbandono, dalla solitudine, dalla miseria. Quell’esplosione la ritroviamo nei dipinti di Franzi: nelle pareti domestiche, nelle mura cittadine. C’è, nei protagonisti, la necessità di dover rendere partecipi gli altri simili del proprio destino, del proprio abbandono, cercando almeno una consolazione nel condividere una pena personale. È un grido d’aiuto quello che si nasconde dietro l’ironia e la sagace vivacità delle descrizioni poetiche. Qualcosa che anche per noi, testimoni del nostro tempo, somiglia alla deflagrazione, alla lacerazione dei sentimenti, all’abbandono in cui gran parte della nostra società può riconoscersi. Sentimenti che, nel tempo in cui viviamo, sono all’ordine del giorno, dove le classi popolari “povere” diventano sempre più indigenti e abbandonate. Dietro a quella solitudine possiamo riconoscere la nostra solitudine contemporanea.” Lorenzo Loris, regista

Le due storie portate in scena raccontano passioni e soprusi amorosi: le disavventure di Ninetta, una pescivendola che lavora al mercato comunale che viene raggirata da un giovane privo di scrupoli, e di un ciabattino, Melchiorre, che suona il mandolino in una sala da ballo e viene circuito da una donna disonesta. Le due poesie sembrano interfacciarsi a specchio e finiscono per scivolare una nell’altra, restituendo uno spaccato di vita popolare di straordinaria vivacità e inesauribile vitalità. Nel testo vengono dipinte scene di una Milano brulicante di suoni, odori e personaggi che sembravano essere sepolti nel nostro animo più profondo e che l’umorismo, la pietà e l’amore del Porta per la sua “gente” ci riportano alla coscienza.

Obiettivo della nuova produzione del Teatro Out Off è quello di avvicinare il pubblico all’opera di Carlo Porta – massimo esponente della poesia in milanese – che ha saputo come nessun altro ritrarre in versi la vita del suo tempo in tutta la sua potenza e in tutta la sua varietà contraddittoria. Con il medesimo desiderio di far conoscere Porta al di fuori della cerchia dei filologi e degli specialisti è nato il libro della Valduga, edito da Einaudi nel 2018:

“Patrizia sembra avere trattato il dialetto milanese di Porta come più volte ha trattato le lingue straniere che ha tradotto: da Shakespeare, a Moliere, a Mallarmé, ecc. Scrivere in versi per Patrizia sembra essere un conforto, una medicina. In essi cerca di comunicare ai lettori la sua passione per la poesia: la gioia a scriverla e il piacere a leggerla. Nella poesia del Porta contano molto il ritmo, la musicalità e la forma. La poesia è una successione di suoni e di ritmi. Anche i versi liberi non sono mai liberi perché devono stare all’interno di una metrica, secondo una loro intrinseca necessità. Questo ordine, questa necessità ne ritmano il significato, anzi i significati: la poesia deve sempre dire di più di quel che dice.

La Ninetta del mercato e Lamento di Melchiorre dalle gambe sbilenche sono due componimenti che esprimono il rammarico per aver perso l’illusoria felicità, ingenuamente malriposta, nei confronti di un giovane e di una donna ammaliatrice, rispettivamente el Pepp e la Tetton. Per cercare di recuperare quelle atmosfere ho voluto integrare, insieme alla traduzione di Patrizia Valduga, alcuni versi originali di Carlo Porta alternandoli con la versione italiana a seconda del significato e creare così un cortocircuito linguistico che favorisca un accostamento fra il tardo Settecento lombardo e la contemporaneità. Quest’opera di avvicinamento tra la lingua italiana di oggi e il dialetto autentico del Porta crea una stretta compenetrazionedi due universi culturali.

Nell’introduzione della prefazione del libro, la poetessa riporta uno scritto di Giovanni Raboni sul grande poeta milanese: il critico letterario sostiene che per mettere chiunque non conosca l’antico dialetto milanese del Porta nella condizione di capire o almeno di immaginare come “suonano”, cosa “sono” al di là del significato letterale, i versi di questo grande autore, “occorra una traduzione vera, una traduzione capace di suggerirne la struttura metrica, e la specificità figurale.” Il lavoro che abbiamo svolto con gli attori tiene come caposaldo la traduzione di Patrizia Valduga proprio per far conoscere il grande poeta al di fuori di una nicchia ristretta di fedelissimi e studiosi.” Lorenzo Loris

Le musiche originali dello spettacolo sono composte dagli allievi del “Corso di Musica per l’immagine” della Civica Scuola di Musica Claudio Abbado, una delle più importanti istituzioni identitarie della città di Milano, fondata nella seconda metà dell’Ottocento. I fondali della scenografia sono stati dipinti da Giovanni Franzi, artista che pone al centro delle sue opere la vita della città e l’interesse per l’essere umano, elementi chiave della poesia del Porta due secoli e mezzo prima.

INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI

Durata: 85 minuti.

Teatro OUT OFF via Mac Mahon 16, Milano
Orari spettacoli:
martedì e giovedì ore 20.30
mercoledì, venerdì e sabato ore 19.30 
domenica ore 16.00

Prenotazioni e informazioni:

T. 0234532140 | M. biglietteriaoutoff@gmail.com

Biglietteria aperta da lunedì a venerdì dalle ore 10.00 alle ore 16.00.
Biglietti online su Vivaticket

Ritiro biglietti negli uffici in via Principe Eugenio 22 dal lunedì al venerdì dalle ore 11.00 alle ore 13.00.

Ritiro biglietti in botteghino via Mac Mahon 16 dal martedì alla domenica un’ora prima dello spettacolo.

Spettacolo inserito nell’abbonamento Invito a Teatro.

El Marchionn e La Ninetta: Carlo Porta nel mondo degli ultimi

Dal 14 gennaio al 9 febbraio 2025 è in scena El Marchionn e La Ninetta: Carlo Porta nel mondo degli ultimi, con la regia di Lorenzo Loris. Lo spettacolo porta in scena la bella traduzione in poesia italiana di Patrizia Valduga di due dei maggiori componimenti di Carlo Porta, nel 250° anniversario dalla nascita: Él lamént del Marchiòn d’ì gàmb avèrt (Lamento di Melchiorre dalle gambe sbilenche) del 1816 e La Ninetta del Verzee (La Ninetta del mercato) del 1814, entrambi considerati i capolavori massimi di poesia in dialetto milanese e tra le opere più significative dell’illustre autore meneghino. La versione in rima italiana della poetessa e traduttrice Patrizia Valduga, che traduce con arte e unicità la poesia del Porta, si integra nello spettacolo con alcuni versi originali in dialetto milanese: scelta di Lorenzo Loris che crea nell’opera un’osmosi di due mondi linguistici e culturali che si intrecciano l’uno con l’altro. Lo spettacolo, che vede in scena Elena Callegari e Mario Sala con Tommaso Di Pietro, restituisce con espressività personaggi popolari e di umile condizione insieme a un affresco vivido della Milano del primo Ottocento, in fervente trasformazione.

“Si tratta di due storie di esplosioni e lacerazioni di sentimenti, ma non solo. In esse è manifesto il dolore di una classe popolare, “povera”, a cui Carlo Porta dà voce e dignità letteraria. E in quelle figure popolari si possono riconoscere tanti poveri di oggi, dilaniati dall’abbandono, dalla solitudine, dalla miseria. Quell’esplosione la ritroviamo nei dipinti di Franzi: nelle pareti domestiche, nelle mura cittadine. C’è, nei protagonisti, la necessità di dover rendere partecipi gli altri simili del proprio destino, del proprio abbandono, cercando almeno una consolazione nel condividere una pena personale. È un grido d’aiuto quello che si nasconde dietro l’ironia e la sagace vivacità delle descrizioni poetiche. Qualcosa che anche per noi, testimoni del nostro tempo, somiglia alla deflagrazione, alla lacerazione dei sentimenti, all’abbandono in cui gran parte della nostra società può riconoscersi. Sentimenti che, nel tempo in cui viviamo, sono all’ordine del giorno, dove le classi popolari “povere” diventano sempre più indigenti e abbandonate. Dietro a quella solitudine possiamo riconoscere la nostra solitudine contemporanea.” Lorenzo Loris, regista

Le due storie portate in scena raccontano passioni e soprusi amorosi: le disavventure di Ninetta, una pescivendola che lavora al mercato comunale che viene raggirata da un giovane privo di scrupoli, e di un ciabattino, Melchiorre, che suona il mandolino in una sala da ballo e viene circuito da una donna disonesta. Le due poesie sembrano interfacciarsi a specchio e finiscono per scivolare una nell’altra, restituendo uno spaccato di vita popolare di straordinaria vivacità e inesauribile vitalità. Nel testo vengono dipinte scene di una Milano brulicante di suoni, odori e personaggi che sembravano essere sepolti nel nostro animo più profondo e che l’umorismo, la pietà e l’amore del Porta per la sua “gente” ci riportano alla coscienza.

Obiettivo della nuova produzione del Teatro Out Off è quello di avvicinare il pubblico all’opera di Carlo Porta – massimo esponente della poesia in milanese – che ha saputo come nessun altro ritrarre in versi la vita del suo tempo in tutta la sua potenza e in tutta la sua varietà contraddittoria. Con il medesimo desiderio di far conoscere Porta al di fuori della cerchia dei filologi e degli specialisti è nato il libro della Valduga, edito da Einaudi nel 2018:

“Patrizia sembra avere trattato il dialetto milanese di Porta come più volte ha trattato le lingue straniere che ha tradotto: da Shakespeare, a Moliere, a Mallarmé, ecc. Scrivere in versi per Patrizia sembra essere un conforto, una medicina. In essi cerca di comunicare ai lettori la sua passione per la poesia: la gioia a scriverla e il piacere a leggerla. Nella poesia del Porta contano molto il ritmo, la musicalità e la forma. La poesia è una successione di suoni e di ritmi. Anche i versi liberi non sono mai liberi perché devono stare all’interno di una metrica, secondo una loro intrinseca necessità. Questo ordine, questa necessità ne ritmano il significato, anzi i significati: la poesia deve sempre dire di più di quel che dice.

La Ninetta del mercato e Lamento di Melchiorre dalle gambe sbilenche sono due componimenti che esprimono il rammarico per aver perso l’illusoria felicità, ingenuamente malriposta, nei confronti di un giovane e di una donna ammaliatrice, rispettivamente el Pepp e la Tetton. Per cercare di recuperare quelle atmosfere ho voluto integrare, insieme alla traduzione di Patrizia Valduga, alcuni versi originali di Carlo Porta alternandoli con la versione italiana a seconda del significato e creare così un cortocircuito linguistico che favorisca un accostamento fra il tardo Settecento lombardo e la contemporaneità. Quest’opera di avvicinamento tra la lingua italiana di oggi e il dialetto autentico del Porta crea una stretta compenetrazionedi due universi culturali.

Nell’introduzione della prefazione del libro, la poetessa riporta uno scritto di Giovanni Raboni sul grande poeta milanese: il critico letterario sostiene che per mettere chiunque non conosca l’antico dialetto milanese del Porta nella condizione di capire o almeno di immaginare come “suonano”, cosa “sono” al di là del significato letterale, i versi di questo grande autore, “occorra una traduzione vera, una traduzione capace di suggerirne la struttura metrica, e la specificità figurale.” Il lavoro che abbiamo svolto con gli attori tiene come caposaldo la traduzione di Patrizia Valduga proprio per far conoscere il grande poeta al di fuori di una nicchia ristretta di fedelissimi e studiosi.” Lorenzo Loris

Le musiche originali dello spettacolo sono composte dagli allievi del “Corso di Musica per l’immagine” della Civica Scuola di Musica Claudio Abbado, una delle più importanti istituzioni identitarie della città di Milano, fondata nella seconda metà dell’Ottocento. I fondali della scenografia sono stati dipinti da Giovanni Franzi, artista che pone al centro delle sue opere la vita della città e l’interesse per l’essere umano, elementi chiave della poesia del Porta due secoli e mezzo prima.

“Merito dunque all’Out Off di aver riscoperto questa “bellezza” antica, ma ancora potentemente comunicativa, del Porta con El Marchionn e La Ninetta: Carlo Porta nel mondo degli ultimi, un dittico diretto da Lorenzo Loris, artefice di questa operazione, che abbina due celebri storie, “Il lament del Marchionn di gamb avert” del 1816, sulle tristi vicende amorose del povero Marchionn, ciabattino viandante che perde la testa per la Tetton, e crede di poter fare con lei una famiglia, ma l’epilogo sarà ben diverso. E “La Ninetta del Verzee” (La Ninetta del mercato), del 1814 successo e declino di una pescivendola che si fa raggirare da un bellimbusto che le “brucia” tutti gli averi. Due vividi ritratti di vita e sentimenti popolari, che si seguono con piacere, nella descrizione di quella Milano d’antan, negli stati d’animo così concreti. Occasione soprattutto di ascoltare una lingua colorita, corrosiva, espressiva perfino nel turpiloquio, come è il dialetto “poetico” de Porta . E si rivela legittima la scelta del regista di ibridare l’originale con la bella, vivace traduzione in italiano di Patrizia Valduga che non ne tradisce la forza prorompente. E in questo un plauso va ai due interpreti, Mario Sala e Elena Callegari, attori storici dell’Out Off, qui accompagnati da Tommaso Di Pietro nel ruolo di comparsa, immedesimati con verità nelle vesti dei due poveracci “fregati” dall’amore e dal desiderio, ma anche abilmente disinvolti col dialetto e la vivacità espressiva della lingua del Porta.” Anna Bandettini, la Repubblica Post Teatro, 24 gennaio.

“La lingua materica, unica, essa stessa personaggio, eruzione lavica, magma incandescente che cola nelle orecchie, vive una trasfigurazione attraverso la traduzione della poetessa Valduga, lasciandosi però contaminare dai versi originali.[…] Elena Callegari è una Ninetta baudelairiana, ed ha più ricordi che se avesse mille anni. Ha il merito di portare in una dimensione sublimata, persino serica, le forti emozioni che agitano il personaggio. Suona uno spartito vocale alla Chopin, dove i pianissimi, i tocchi leggeri, i fiori musicali, nascondono i cannoni di accordi pieni, pronti ad esplodere. E’, certamente, una Fedra ribelle alla trama euripidea; è una donna di sentimenti radicali, ulteriore tappa di una lunga teoria di personaggi che passa da Medea, Arianna, Didone.” Danilo Caravà, Milano Teatri.

“Un plauso agli straordinari attori per la loro interpretazione e al lavoro di Loris, teso a restituire e non far dimenticare una dignità poetica e narrativa di una metropoli troppo spesso fuorviata nel presente da modelli e paradigmi che non le appartengono.” Claudio Elli, Punto e Linea Magazine

Recensione di Marta Calcagno Baldini, Il Giornale 18 gennaio.

Articolo la Repubblica 15 gennaio. Intervista di Simone Mosca a Patrizia Valduga.

Il corriere della sera; intervista di Livia Grossi a Lorenzo Loris.

Recensione di Danilo Caravà su Milano Teatri. 27 gennaio.

Recensione di Carlo Tomeo.

Recensione di Saul Stucchi.

Recensione di Claudio Elli.

Traduzione di Patrizia Valduga
Con Elena Callegari e Mario Sala
Con la partecipazione di Tommaso Di Pietro
Regia di Lorenzo Loris
Musiche originali degli Allievi del “Corso di Musica per l’immagine” della Civica Scuola di Musica Claudio Abbado: Andrea Bevilacqua, Matej Sancin, Fabrizio Zirilli
Scene Lorenzo Loris, Luigi Chiaromonte, Gianluca Sesia
Interventi pittorici Giovanni Franzi
Costumi Nicoletta Ceccolini
Schema Luci Luigi Chiaromonte
Luci Iacopo Bertrand Bonalumi, Lottieri e Lorenzo Loris
Produzione Teatro Out Off
Con il sostegno di NEXT – Laboratorio delle idee per la produzione e la programmazione dello spettacolo lombardo – Edizione 2024/2025

Durata: 85 min.

 

La Casa dell’autore – 7 Interviste ad attori, registi, autori

a cura di Davide Pinardi

Progetto realizzato da Teatro Out Off per MM – Centrale dell’Acqua

“Di colpo, la svolta. Dovevamo diventare tutti nomadi, cittadini del mondo. Non c’era più bisogno di possedere nulla di fisso perché tutto era temporaneo, condiviso.
E poi, di colpo, la svolta. Costretti in casa, senza quasi poter uscire per strada, rintanati per difenderci dal pericolo.
E così la casa ha ritrovato per noi valori archetipici, è diventata un luogo di protezione, laboratorio della quotidianità, l’unica dimensione nella quale siamo veramente padroni e al sicuro.
Non più una casa ridotta a deposito di vestiti, a letto per la notte, a cucina per mangiare, ad albergo dove comodamente arrivare e andarsene,
Invece spazio per custodire la propria identità, baluardo che protegge noi e i nostri cari, scrigno delle nostre memorie, luogo forse angusto ma certamente nostro.
Che svolta radicale, e in così poco tempo!
Parliamone di questo con degli artisti, degli attori, con persone abituate a volte a rimanere chiuse in casa per settimane per preparare una parte oppure a non starci mai per andare in tournée…
Cos’è diventata, per voi, la vostra casa?“

Davide Pinardi

“Resta in Centrale” ogni venerdì a partire dal 12 giugno sulla pagina facebook di Centrale dell’Acqua

12 giugno – Gigio Alberti, attore di teatro e di cinema
19 giugno Monica Bonomi, autrice e attrice
26 giugno Giacomo Carson, attore e pianista
3 luglio Harriet Carnevale, attrice e danzatrice
10 luglio Massimiliano Cividati, autore, regista
17 luglio Elena Callegari , attrice di teatro

24 luglio Carlotta Cernigliaro, artista grafica e organizzatrice di eventi culturali

Su memoMI il video di Giovanni Zaninotto per i 40 anni dell’Out Off

E’ online sul sito di  memoMI  il video di Giovanni Zaninotto sui 40 anni dell’Out Off con un’intervista al fondatore Mino Bertoldo.

Un tuffo nel passato glorioso dell’Out Off e nei turbolenti anni ’70, un documento che racconta una stagione importante della cultura milanese e che ci permette di comprendere meglio quello che oggi è il teatro di via Mac Mahon  e l’ impegno che dura tutt’ora nel teatro e nell’arte.